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La Varanasi di Pandit Ravi Shankar

Aggiornamento: 15 ott

Pandit Ravi Shankar (1920-2012)


In questo articolo esploriamo Varanasi attraverso lo sguardo del leggendario musicista indiano Pandit Ravi Shankar.

La musica classica indiana affonda le sue radici nei testi vedici. Essere un musicista in questa tradizione non è semplicemente una questione di talento o tecnica: è uno stile di vita, un percorso spirituale. Non sorprende, quindi, che Varanasi – anche conosciuta come Kashi – una delle città abitate più antiche del mondo, sia considerata una vera e propria meta di pellegrinaggio dai praticanti di musica classica indiana. Nascere qui, e formarsi musicalmente in questa terra sacra, è forse il più grande onore che il destino possa concedere.


Questo onore è toccato a Pandit Ravi Shankar.

Figlio di un padre illustre, fu tanto un artista raffinato quanto un grande comunicatore. Con la sua straordinaria capacità di muoversi tra mondi diversi – quello della tradizione e quello della modernità, dell’Oriente e dell’Occidente – ha portato la musica classica indiana su palcoscenici internazionali, aprendo la strada a generazioni di musicisti.

Ancora oggi, artisti di ogni tradizione si recano a Varanasi per respirare l’energia del luogo che ha dato i natali a uno dei più grandi maestri del Novecento.


fotografia di Ravi Shankar mentre suona il suo sitar

Un’infanzia immersa nell’arte

Nato a Benares negli anni ’20, il più giovane di sette fratelli, Ravi Shankar crebbe in un ambiente familiare devoto all’arte. Nonostante la grande differenza d’età con il fratello maggiore Uday – già affermato coreografo – i due condivisero un legame profondo, specialmente dopo che il padre si trasferì a Londra. A Benares, Ravi assorbiva ogni giorno il tessuto spirituale della città: i canti dei pujari, il suono delle campane dei templi, le raga del mattino suonate dal fratello.

Ispirato dai canti di Rabindranath Tagore, cominciò a riprodurli sul suo armonium, perdendosi nella loro poesia.


Fu proprio seguendo Uday in Europa che iniziò la sua carriera: a 13 anni entrò nella compagnia di danza del fratello, suonando strumenti come il tabla e l’esraj. Ma fu l’incontro con Ustad Allauddin Khan – leggendario maestro di musica – che gli cambiò la vita. Tornò in India per diventare suo discepolo e studiare la sitar a Maihar.


Un ponte tra Oriente e Occidente

Durante i suoi viaggi con la compagnia del fratello a Parigi, Ravi Shankar fu colpito dal modo superficiale e spesso sprezzante con cui la musica indiana veniva percepita in Occidente. Fu questa constatazione a spingerlo a impegnarsi nel far conoscere la profondità spirituale e tecnica della musica classica indiana fuori dai confini del Paese.


Dopo aver ottenuto successo a Bombay, attirando l’attenzione di diplomatici e artisti stranieri, venne presentato al celebre violinista Yehudi Menuhin nel 1952. Quest’incontro fu determinante: tre anni dopo, Menuhin lo invitò a New York per una dimostrazione di musica indiana sponsorizzata dalla Ford Foundation. Da quel momento, iniziò una lunga e fruttuosa carriera internazionale: tournée in tutto il mondo, studenti affascinati dal suo stile e collaborazioni memorabili. Il suo carisma e la sua presenza scenica lo resero non solo un virtuoso del sitar, ma un ambasciatore culturale dell’India.


Nel 1970 fu nominato presidente del Dipartimento di Musica Indiana al California Institute of the Arts. Le sue collaborazioni con Menuhin e l’album dal vivo del Concert for Bangladesh gli valsero diversi Grammy Awards, consacrandolo come star globale della world music.


“Varanasi è scolpita nel mio cuore”

“Varanasi è la dimora eterna di Shiva, e uno dei miei templi preferiti è quello dedicato a Hanuman, il dio scimmia. In questa città, ho vissuto uno dei miracoli più grandi della mia vita: l’incontro con Ma Anandamayi, un’anima spirituale straordinaria. Oggi, a 88 anni, nella mia casa a Encinitas, in California, circondato dal verde, dai fiori, dall’oceano e dal cielo azzurro, penso spesso ai luoghi meravigliosi che ho visitato. Porto nel cuore Parigi, New York, ma Varanasi… Varanasi è scolpita nel mio cuore.”

Pandit Ravi Shankar


Un’eredità senza confini

Pandit Ravi Shankar è stato celebrato in patria e nel mondo per la sua maestria nel sitar, il tipico strumento a corde indiano e per la sua visione lungimirante.

Il suo approccio unico ha saputo combinare la profondità spirituale della musica classica indiana con un’estetica accessibile al pubblico globale.

Fondò la Kinnara School of Indian Music and Culture in California per introdurre gli studenti occidentali alla musica indiana, offrendo loro una base che potessero poi approfondire viaggiando in India.


Dal Bharat Ratna (la più alta onorificenza civile indiana) ai Grammy, ha ricevuto riconoscimenti da ogni parte del mondo. Ma il suo lascito più grande resta l’apertura di un dialogo musicale e culturale tra Oriente e Occidente.




Alla scoperta di Varanasi

Una delle città più antiche e sacre al mondo, Varanasi è molto più di una meta turistica. È un’esperienza. Camminare tra i suoi vicoli stretti, seguire il fumo delle cerimonie funebri o ascoltare i suoni della preghiera al sorgere del sole è un viaggio che tocca la mente, il corpo e lo spirito.


Assistere alla Ganga Aarti

Ogni sera, al calar del sole, le rive del Gange si accendono con la Ganga Aarti. Sacerdoti in vesti color zafferano danzano con le fiamme in onore di Shiva e della sacra madre Ganga, mentre canti, campane e conchiglie riempiono l’aria di energia mistica. Uno spettacolo che lascia senza fiato.

Imparare musica classica da un guru

Varanasi è uno dei centri più importanti per l’apprendimento della musica classica. Qui, i guru aprono le porte della tradizione a chiunque sia mosso da passione e dedizione. Non è necessario essere indiani, né avere una preparazione musicale: serve solo rispetto e amore per l’arte.

Toccare con mano la magia del sari Banarasi

Celebri in tutta l’India per i loro ricami in oro e argento, i sari Banarasi sono vere e proprie opere d’arte. Spesso tramandati di generazione in generazione, vengono indossati nelle occasioni più importanti. Visitare un laboratorio artigianale è come entrare in una fiaba fatta di fili e tradizione.

Assaggiare le specialità locali per strada

Il cibo di strada a Varanasi è quasi un rito sacro. Nei vicoli della città si respira l’aroma di kachori calde, tamatar chaat speziati e golose palak patta chaat. È cibo per il corpo, ma anche per l’anima.


Varanasi con i suoi ghat affacciati sulle acque del Gange

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