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La Delhi di Khushwant Singh

Khushwant Singh (1915-2014)


In un paese che da sempre oscilla tra tradizione e cambiamento, poche cose scuotono quanto la verità. E pochi l’hanno maneggiata con la stessa lucidità tagliente e ironia brutale di Khushwant Singh.


Avvocato, diplomatico, giornalista e romanziere, Singh è stato, prima di tutto, uno scrittore. Un osservatore implacabile dell’India post-indipendenza, che ha raccontato i dilemmi, le ipocrisie e le trasformazioni di un paese alla ricerca di sé.

Non per consolare, ma per mettere a nudo, con sarcasmo e intelligenza, le contraddizioni di una nazione in costruzione.


fotografia di khushwant singh sorridente con occhiali e turbante in testa

Ai confini della memoria

Negli ultimi anni della sua vita, Khushwant Singh tornava spesso con la memoria al villaggio della sua infanzia: Hadali, nel Punjab coloniale. Ricordava i pomeriggi lenti, l’odore della terra dopo la pioggia, il suono della ruota persiana nei campi.

In quel mondo contadino, dove la cultura si trasmetteva attraverso canti popolari, racconti orali e feste religiose, si formò la sua prima immaginazione.


Ma la sua famiglia stava già cambiando traiettoria. Il padre, Sir Sobha Singh, divenne uno dei più celebri costruttori di Delhi, partecipando alla realizzazione di luoghi simbolici come l'India GateConnaught Place e Sujan Singh Park. Così, la vita di Khushwant Singh si formò tra due mondi: la ruralità della tradizione e la monumentalità della modernità urbana.


Dopo aver studiato a Delhi, Lahore e Londra, si riferì sempre a Lahore pre-partizione come la sua vera alma mater. Le caffetterie letterarie, la mescolanza di lingue, la vitalità culturale: tutto ciò lo segnò profondamente.

Quando arrivò la Partizione dell’India, quel mondo andò in frantumi. La sua famiglia fuggì da Lahore, lasciandosi alle spalle la casa… e un senso di appartenenza.


Scrivere controcorrente

Quando nel 1956 scrisse Train to Pakistan, Khushwant Singh non voleva fare storia. Voleva raccontare la fragilità umana in uno dei momenti più violenti del XX secolo. Ambientando il romanzo in un villaggio immaginario, esplorò la paura, l’odio, ma anche le solidarietà inaspettate nate nel caos della Partizione. Fu tra i primi a raccontare quell’evento senza sentimentalismo né idealismi, e per questo lasciò un segno.


Accanto alla narrativa, Singh portò avanti una carriera giornalistica brillante e controversa. Da direttore di The Illustrated Weekly of India (1969–1978), rivitalizzò il settimanale, ampliandone il pubblico e il tono. Poi passò a guidare The National Herald e Hindustan Times, ma fu soprattutto la sua rubrica With Malice Towards One and All a renderlo celebre: graffiante, satirica, corrosiva.

Collaborava con disegnatori come R.K. Laxman e Mario Miranda, che lo rappresentò come una caricatura dentro una lampadina con un bicchiere di whisky in mano. Singh diceva che il suo obiettivo era semplice:

“Informare, divertire, irritare.”
“Scrivo perchè voglio essere ricordato come uno che ha detto la verità. Non sempre con educazione, ma senza bugie” - Khushwant Singh


Costruito dal padre, raccontato dal figlio

Se Sir Sobha Singh costruì fisicamente la Nuova Delhi coloniale, Khushwant Singh ne costruì la coscienza moderna. Attraverso i suoi libri, romanzi e articoli, Singh ha lasciato un archivio vivente della complessità indiana: laico ma profondamente spirituale, razionale ma emotivo, impietoso ma empatico.


Opere come A History of the Sikhs sono oggi considerate pietre miliari del realismo storico, mentre la sua costante difesa della libertà d’espressione e della laicità ha contribuito a definire il pensiero critico dell’India contemporanea.

Khushwant Singh trovava saggezza nelle parole dei semplici: un barcaiolo, un anziano del villaggio, un amico. Anche quando suscitava polemiche, non scriveva mai per ferire: scriveva per capire.


Alla sua morte nel 2014, l’India lo ha ricordato come uno dei suoi pensatori più liberi, ironici e profondamente umani.


Protesta per la libertà di stampa in India durante l'emergenza del 1975, giornalisti con cartelli “Press in Chains Never! Never!” contro la censura e la repressione mediatica.

Scoprire Delhi: la città che non dimentica

Delhi non è una sola città, ma molte sovrapposte. Ogni quartiere è una cronaca di ambizione, cancellazione, memoria e rinascita. Dai ruderi di Tughlaqabad, passando per le strade raffinate dell’epoca Mughal fino ai viali ordinati del periodo britannico, la capitale è una stratificazione vivente. Qui la poesia persiana incontra la musica sufi, il cibo Mughlai si mescola all’architettura coloniale.Delhi evolve senza sosta, ma non dimentica nulla.


  • Assaggia i sapori di Old Delhi

    Tra le viuzze vicino alla Jama Masjid, l’aria è un vortice di aromi: spezie, carne stufata lentamente, coriandolo pestato.Qui, alcune bancarelle storiche perfezionano da generazioni le ricette: aloo tikki croccanti, kachori speziate, jalebi dorate appena uscite dall’olio.Un viaggio nei sensi — e nella memoria collettiva.

  • Attraversa Lutyens’ Delhi

    Prendi una bici o fai un giro in auto tra i viali grandiosi progettati da Edwin Lutyens. Segui Rajpath, la via cerimoniale che unisce India Gate al Palazzo Presidenziale, simboli di un’India post-coloniale che si ridefinisce con fierezza.Ogni curva racconta un passaggio della trasformazione urbana e sociale della nazione.

  • Trova quiete nel Gurudwara Bangla Sahib

    Nel cuore del caos urbano, il Bangla Sahib Gurudwara offre una pausa sacra. Riflettiti nello stagno sacro, ascolta i canti devozionali, e partecipa al langar, il pasto comunitario aperto a tutti.Puoi anche aiutare nella cucina collettiva — un’esperienza che unisce spiritualità e servizio.

  • Passeggia nella memoria a Mehrauli

    Il Mehrauli Archaeological Park è un museo a cielo aperto. Cammina accanto al Qutub Minar, alle moschee antiche, alle tombe sultanate. Ogni angolo svela un capitolo di Delhi, dal Medioevo ai Mughals, restituendo un tempo che non è mai del tutto passato.


L’India che sa ridere di sé

Khushwant Singh ha raccontato l’India dei suoi tempi — e anche la nostra. Con ironia, precisione e una vena di tenerezza che spesso si nascondeva dietro il sarcasmo.

Leggerlo oggi significa incontrare un paese in continuo conflitto con sé stesso, in trasformazione costante, ma mai privo di vita.

Un paese che sbaglia, ride, cambia, e — come lui — non smette mai di dire la verità.


viale di Nuova Delhi nella foschia mattutina con tuk tuk e monumenti sullo sfondo

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