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La Chennai di Padma Subrahmanyam

Padma Subrahmanyam (1943)


Ci sono forme d’arte che non intrattengono, ma trasformano. Che non si esibiscono, ma ritornano.

Il Bharatanatyam, la danza classica del sud India, è una di queste: un corpo che ricorda, una mente che prega, un gesto che narra. Ma tra i suoi passi codificati, le sue emozioni rituali e le sue musiche cicliche, qualcosa era andato perduto.

Quel “qualcosa” l’ha ritrovato Padma Subrahmanyam. Con uno sguardo acuto, una disciplina ferrea e una curiosità senza fine, ha riportato alla vita il vocabolario antico del Natya Shastra, restituendo al Bharatanatyam i suoi movimenti originari, i karana scolpiti, e una profondità dimenticata.


Se vuoi sapere di più di questa danza abbiamo realizzato un articolo sul Bharatanatyam che parla anche di Padma Subrahmanyam. Lo trovi all'interno del blog, oppure cliccando QUI


fotografia di padma subrahmanyam mentre danza

Un’infanzia nel cuore dell’arte

Nata nel 1943 a Madras (oggi Chennai), Padma Subrahmanyam è cresciuta in una casa dove l’arte e il sapere erano linfa quotidiana. Suo padre, K. Subrahmanyam, fu regista e attivista per l’indipendenza. Sua madre, Meenakshi, compositrice, parlava fluentemente tamil e sanscrito. In quella casa, la danza, la musica e la riflessione filosofica non erano attività, ma modi di stare al mondo.

A soli tre anni, Padma cominciò a danzare. La sua prima insegnante fu Kausalya, giovane formatrice della scuola Nrityodaya, fondata dal padre nel 1942. Proseguì poi con Vazhuvoor Ramaiah Pillai, figura centrale della danza dell’epoca. Fin da giovane, però, le domande la tormentavano: Perché i gesti che imparava non corrispondevano a quelli scolpiti nei templi? Cosa avevamo dimenticato?


Riscoprire il corpo antico

Queste domande la condussero al Natya Shastra, il testo sacro delle arti performative dell’India, risalente a oltre 2.000 anni fa. Lì trovò i 108 karana, unità fondamentali del movimento. Ma Padma non si fermò ai libri: viaggiò tra i templi di Kanchipuram e Chidambaram, osservando le sculture danzanti sulle pareti di pietra.

Lo studio divenne un dottorato, poi una pratica, poi una nuova forma: Padma Subrahmanyam chiamò questa sintesi Bharata Nrithyam, uno stile che unisce teoria e performance, gesto e significato.

I suoi spettacoli non imitano, ricostruiscono. Non cercano solo la bellezza del margam classico, ma attingono a una grammatica più antica, più densa, che precede l’estetica moderna. In Indonesia, ha studiato le radici comuni tra le arti dell’Asia meridionale e sud-est asiatica.In Russia ha ricevuto un riconoscimento per la sua opera. In Giappone, un documentario ha documentato il suo lavoro.

“Non recito. Io scolpisco.”— Padma Subrahmanyam, intervista del 1998


L'estetica della forma

A differenza dello stile Kalakshetra, dove l’abhinaya (espressione facciale) è predominante, la presenza scenica di Padma è architettonica. Ogni gesto è denso, strutturato, solido come le colonne di un tempio. Ogni passo è una preghiera incarnata, non un’emozione da mostrare, ma un’idea da evocare.

“Il mio scopo è comunicare con l’ultima persona in fondo alla sala.L’arte senza comunicazione è vuota.'Abhinaya' non è solo espressione del viso:significa trascinare lo spettatore dentro un’idea.” - Padma Subrahmanyam

Il ritmo continua

Oggi, l’opera di Padma Subrahmanyam ha ridisegnato il modo in cui studiosi e danzatori comprendono le radici del Bharatanatyam.Ha ricevuto i più alti riconoscimenti civili dell’India: Padma ShriPadma Bhushan e Padma Vibhushan.

Ma il suo vero lascito è vivo nelle sale prova, nei templi, nei corpi dei danzatori che forma, in India e nel mondo.Una tradizione che non resta ferma nella devozione, ma si muove, si evolve, si onora ricordando da dove è venuta.


fotografia di Padma Subrahmanyam mentre danza


Scoprire Chennai: dove la danza è parte del paesaggio

Chennai, capitale del Tamil Nadu, è un arazzo vivente di cultura dell’India del Sud.È una città dove la musica carnatic risuona nei templi, dove i passi del Bharatanatyam si ripetono come preghiere, dove l’arte non è evento — è quotidianità.


  • Tra le vie di Mylapore

    Passeggia attorno al tempio di Kapaleeshwarar, dove le divinità sono adornate con sete, fiori e gioielli, e ogni decorazione è un atto di devozione meticolosa. Ascolta il suono della veena, osserva i disegni di kolam tracciati all’alba e perditi tra i banchi di fiori. Qui la tradizione vive, respira e si rinnova ogni mattina.

  • Il Margazhi Music Season

    Da dicembre a gennaio, Chennai si trasforma in un tempio musicale a cielo aperto.Il Margazhi Festival ospita centinaia di concerti di musica classica ogni giorno. Una celebrazione della tradizione vivente, dove il tempo si misura in raga, talam e silenzi.

  • L’alba a Marina Beach

    All’alba, Chennai si sveglia a Marina Beach. Tra venditori di tè, studenti, pescatori e slogan tamil sui muri, la città prende forma. Non c’è silenzio, ma c’è ritmo.Un inno quotidiano al mare, alla storia, alla resistenza dolce della città.

  • I mestieri del sud a DakshinaChitra

    Lungo la East Coast Road, Dakshina Chitra è un villaggio culturale che celebra la diversità delle arti e architetture dell’India meridionale. Qui ogni casa è una storia. Ogni bottega un sapere antico. Un luogo dove la tradizione non è museo, ma presenza viva.


La danza come verità

Padma Subrahmanyam non ha solo danzato. Ha restituito il corpo alla memoria. Ha letto i templi come libri, ha interpretato i testi come coreografie, ha ascoltato il passato per rimettere in movimento l’origine.

Il suo cammino ci ricorda che l’arte non è mai solo estetica. È un linguaggio profondo, che attraversa le generazioni, unisce continenti e ci riconnette a ciò che siamo davvero.


tuk tuk in attesa di clienti a chennai, india

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