Il Ladakh di Sonam Wangchuk
- IndiaResponsabile

- 14 ott
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 15 ott
Sonam Wangchuk (1966)
Nel cuore dell’Himalaya, dove le montagne si ergono come silenziosi guardiani del tempo e l’aria rarefatta rende ogni gesto più essenziale, c’è chi ha scelto di trasformare l’aridità in possibilità.
In un’India che spesso guarda alle metropoli per cercare soluzioni moderne, Sonam Wangchuk ha fatto esattamente il contrario: è tornato al suo villaggio natale, nel deserto glaciale del Ladakh, per immaginare il futuro da una delle terre più inospitali del pianeta.
Ingegnere, inventore e pedagogo, Wangchuk ha ridisegnato il significato stesso di sviluppo. Ha dimostrato che la vera innovazione nasce dal rispetto per il territorio, dai bisogni della comunità, e dalla capacità di ascoltare ciò che la natura ci suggerisce — anche quando tace sotto la neve.
Con le sue scuole solari, i suoi stupa di ghiaccio e la sua ostinata fiducia nel potere dell’educazione, ha saputo costruire un ponte tra antichità e avanguardia.

Un'infanzia tra i deserti del cielo
Sonam Wangchuk nasce nel 1966 a Uleytokpo, un piccolo villaggio abbarbicato tra le valli del Ladakh. A quei tempi, nessuna scuola raggiungeva quelle altitudini.
Impara a leggere e scrivere grazie alla madre, nella lingua locale, fino all’età di 9 anni. Poi viene mandato a studiare a Srinagar, dove però deve affrontare discriminazioni e isolamento.
Ma l’assenza di istruzione non è mai stata un ostacolo per il suo spirito curioso. Al contrario, ha gettato le basi di una vocazione profonda: rendere l’educazione accessibile, giusta e radicata nella cultura locale.
L’educazione come atto rivoluzionario
Dopo la laurea in ingegneria meccanica, Wangchuk non cerca fortuna altrove: torna in Ladakh e fonda, insieme al fratello e ad alcuni amici, il movimento SECMOL (Students’ Educational and Cultural Movement of Ladakh).
Attraverso riforme educative concrete, nasce l’iniziativa Operation New Hope: l’obiettivo è semplice ma potente — trasformare le scuole pubbliche da luoghi di fallimento a spazi di apprendimento reale. In pochi anni, la percentuale di studenti diplomati passa dal 5% al 75%.
La scuola, secondo Wangchuk, non deve solo istruire. Deve appartenere alla comunità. Deve parlare la lingua dei bambini e onorare la loro terra.
Stupa di ghiaccio: sculture che salvano l’acqua
In un territorio dove l’acqua è più preziosa dell’oro, Wangchuk ha ideato una delle soluzioni più poetiche e concrete al tempo stesso: gli Ice Stupas.
Ispirati ai tradizionali stupa buddhisti, queste torri di ghiaccio coniche vengono create in inverno per conservare l’acqua glaciale fino alla primavera, quando i campi ne hanno più bisogno. Grazie alla loro forma, l'acqua si scioglie lentamente, garantendo irrigazione alle coltivazioni di orzo, mele, albicocche.
Con un crowdfunding, Wangchuk ha realizzato il primo prototipo nel 2015, portando 1,5 milioni di litri d’acqua a 5.000 piantine in una zona desertica.
“Non è il momento di usare e gettare questo pianeta. È tempo di guarire la Terra, esplorando dentro di noi, non solo fuori.”— Sonam Wangchuk
Architettura che respira
La visione sostenibile di Wangchuk non si ferma all’acqua. Con SECMOL, ha guidato la costruzione di edifici solari in fango: case, scuole, perfino tende per l’esercito indiano capaci di trattenere il calore durante la notte, resistendo a temperature di -20°C senza combustibili.
Nel 2016, la scuola SECMOL ha ricevuto il Terra Award come miglior edificio in terra cruda al Congresso Mondiale di Architettura a Lione.
Wangchuk dimostra che anche nel clima più estremo è possibile vivere in armonia con la natura, senza rinunciare al comfort né alla bellezza.

Scoprire il Ladakh: il deserto che parla al cielo
Il Ladakh non è solo un luogo. È uno stato d’animo.
Questa antica regione, un tempo regno buddhista, ospita monasteri sospesi tra cielo e terra, bandiere di preghiera che danzano nel vento e paesaggi che sembrano arrivare da un altro pianeta. Il bianco della neve, il blu del cielo e il marrone delle rocce creano un silenzio visivo che commuove.
Partecipare a un banchetto Ladakhi
La cucina locale è un racconto di resilienza e creatività. A base di orzo, zuppa di ortiche, stufati caldi e pulao profumati, il cibo del Ladakh è nutrimento per il corpo e per la cultura. Molti cuochi oggi aprono le porte delle loro case per condividere i sapori antichi con i viaggiatori.
Una giornata in un monastero
I monasteri del Ladakh non sono solo luoghi di culto, ma biblioteche viventi di spiritualità. Statue, thangka, manoscritti antichi e canti sacri in sanscrito e tibetano rendono ogni visita un’esperienza trasformativa. Sedersi in silenzio durante le preghiere del mattino è un dono prezioso.
Proteggere il patrimonio con LAMO
Nel cuore di Leh, il centro culturale LAMO (Ladakh Arts and Media Organisation) si dedica alla tutela del patrimonio artistico e architettonico del Ladakh. Un invito a riflettere su come modernità e tradizione possano coesistere senza cancellarsi a vicenda.
Guardare le stelle a Hanle
Nel villaggio remoto di Hanle, le stelle sembrano più vicine. Grazie all’assenza di inquinamento luminoso, questa zona è oggi una Riserva ufficiale del cielo notturno: qui si trova l’Osservatorio Astronomico Indiano e si possono vivere notti dove la Via Lattea si specchia nei sogni.
Oltre il turismo: un invito alla consapevolezza
L’esperienza del Ladakh, come quella di Sonam Wangchuk, ci insegna che l’innovazione non nasce dal progresso cieco, ma dalla cura profonda per ciò che ci circonda. Visitare questa terra è un’opportunità per rivedere il nostro rapporto con la natura, con il tempo e con noi stessi.






Commenti